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Multiproprietà, un modello in crisi, tra morosità e riforme attese

Dalla formula del sogno vacanziero agli attuali contenziosi legali: la multiproprietà italiana affronta la sua crisi più profonda tra morosità e regole superate

C’era un tempo in cui la multiproprietà rappresentava il sogno di molti italiani: possedere “un pezzetto” di casa al mare o in montagna, senza dover sostenere i costi di una seconda abitazione. Oggi, quel modello – nato negli anni Ottanta come formula innovativa di condivisione immobiliare – mostra sempre più le sue crepe.

Un modello in declino tra costi e difficoltà di gestione

Secondo le stime del Rapporto Immobiliare 2025 e delle principali analisi di settore, in Italia si contano ancora oltre 180.000 multiproprietari attivi, concentrati soprattutto nelle località turistiche come Jesolo (Ve), Rimini, Taormina (Ct) e la Costa Smeralda.
Sebbene il numero resti significativo, la tendenza è in calo rispetto agli anni 2000, quando la multiproprietà era considerata una forma accessibile per godere di una seconda casa. Oggi, invece, la frammentazione gestionale, la difficoltà di rivendere le quote e la morosità crescente ne stanno mettendo in discussione la sostenibilità.
Mentre, dati alla mano (Istat 2025) nell’intero anno 2024, il mercato immobiliare con 950.240 convenzioni notarili di compravendita, ha registrato un andamento in crescita rispetto all’anno precedente (+1,7% nel complesso; +1,8% il settore abitativo e +1,0% il comparto economico), la crisi del sistema multiproprietario è prima di tutto una questione di conti in rosso.

Morosità e contenziosi: il lato oscuro della multiproprietà

Sempre secondo le elaborazioni di ISTAT e da SoloAffitti, oltre il dodici per cento delle famiglie italiane in affitto è in ritardo con il pagamento del canone.
Nelle multiproprietà la situazione è molto più grave: il sessantadue per cento dei titolari risulta in arretrato, e nella metà dei casi i morosi abbandonano la quota senza estinguere i propri debiti.
Le conseguenze economiche per gli altri proprietari sono pesanti. I costi medi per il recupero crediti superano spesso i milleottocento euro per ciascun condomino, una cifra che in molti casi eguaglia o addirittura supera il valore di mercato della quota stessa. È un meccanismo che, di fatto, scoraggia l’avvio di azioni legali e lascia irrisolti i problemi strutturali del sistema.

La normativa italiana, pur tutelando il diritto di proprietà, rende estremamente complesso intervenire nei confronti dei morosi. L’esproprio non è automatico: richiede una lunga procedura giudiziaria e costi legali che spesso superano il valore della quota posseduta.
In media, i proprietari spendono circa milleottocento euro in avvocati per pratiche di sollecito o sfratto, senza la certezza di un esito favorevole. Per questo motivo, nella pratica, molti condomìni preferiscono rivalersi su beni liquidi come conti correnti o stipendi, lasciando però intatta la titolarità della multiproprietà. Una prassi pienamente legittima secondo il Codice civile, ma che solleva più di un dubbio sul piano etico e gestionale: chi non paga continua a mantenere il diritto di godimento del bene, mentre gli altri proprietari si fanno carico delle spese comuni.

La vicenda di Jesolo

Emblematica è la vicenda di un residence turistico di Jesolo, che nel 2023 ha affrontato una situazione limite. Su centoventi multiproprietari, trentasette risultavano morosi da oltre tre anni, con un debito complessivo superiore ai novantamila euro. Nonostante i solleciti, nessuno ha ceduto la propria quota e le settimane di soggiorno sono rimaste invendute persino dopo essere state messe all’asta.
Le azioni di pignoramento su conti e stipendi hanno permesso di recuperare soltanto il quaranta per cento del credito complessivo, lasciando il condominio in una condizione di stallo.
Il nodo centrale resta la rigidità del diritto di proprietà, che da tutela fondamentale rischia di trasformarsi in ostacolo alla gestione collettiva. Le regole attuali non consentono di sospendere automaticamente l’uso dell’immobile ai morosi, e l’assenza di meccanismi rapidi di esproprio costringe gli altri condòmini a farsi carico delle spese comuni.

Riformare per sopravvivere: le proposte di Federcontribuenti

Per affrontare questa impasse, Federcontribuenti ha avanzato alcune proposte che puntano a rendere il sistema più equo ed efficiente. Federcontribuenti invoca una revisione normativa che semplifichi le procedure di esproprio e introduca la possibilità di sospendere il diritto d’uso in caso di morosità reiterata. Parallelamente, auspica la nascita di una gestione centralizzata delle multiproprietà, capace di garantire maggiore trasparenza e sostenibilità economica.
La multiproprietà, nata come strumento per democratizzare l’accesso alla casa vacanza, oggi rischia di implodere sotto il peso delle sue stesse regole. In un Paese come l’Italia, dove la casa resta un bene simbolico e identitario, serve una riflessione profonda su come conciliare il diritto individuale con l’interesse collettivo.
Solo una riforma capace di restituire equilibrio tra diritti e doveri potrà salvare un modello che, pur in crisi, continua a rappresentare per molti un pezzo di sogno e di appartenenza.

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