Dalle prime bustine in carta per contenere gli aghi per le macchine da cucire, rigorosamente fatte a mano, alle confezioni per i dispositivi medici sterili e per i medicinali, realizzate con macchine completamente automatizzate. Il tutto passando attraverso 135 anni di storia che hanno condotto l’azienda a diventare punto di riferimento a livello internazionale nel settore delle macchine per il confezionamento, con una specializzazione molto forte in ambiti che richiedono livelli estremi di accuratezza e affidabilità.Quella di Gandus Saldatrici, azienda con sede a Cornaredo, nell’hinterland a Ovest di Milano, è la storia di un’avventura imprenditoriale che parte da molto lontano. E che, attraversando due guerre mondiali, crisi economiche assortite e rivoluzioni epocali per quanto riguarda i materiali e le tecnologie, è arrivata ai giorni nostri grazie a un genio creativo e a una voglia di portare avanti un’eredità non solo economica, ma anche morale, che forse solo le aziende famigliari riescono a esprimere. “Tutto ha avuto origine nel 1885, quando mio nonno materno, Prospero Gandus, registrò il marchio avviando a Milano la produzione di quello che all’epoca rappresentava un packaging primario: buste di carta che non solo erano utili per la spedizione della merce, ma anche per la sua protezione”, spiega Nicola Guglielmini, amministratore delegato di Gandus Saldatrici. “La storia è proseguita sotto la guida del nonno fino alla metà della seconda guerra mondiale, quando la fabbrica venne completamente rasa al suolo durante i bombardamenti della città”.Negli anni della ricostruzione il testimone di Prospero viene raccolto dalla figlia. È lei che, dopo aver riavviato l’attività del padre, intuisce che l’arrivo sul mercato di un nuovo materiale come il polietilene, con cui è possibile produrre buste di plastica, rappresenta un’opportunità da cogliere al volo. “Il primo passo fu quello di cominciare a commercializzare i sacchetti in plastica”, racconta Guglielmini. La vera svolta, però, arriva pochi anni dopo “con l’ingresso in azienda di mio padre”, prosegue l’ad dell’azienda meneghina. Sarà infatti lui, “insieme ad alcuni suoi compagni dell’Istituto Feltrinelli (Istituto tecnico industriale milanese, Ndr) a inventare la prima macchina saldatrice a caldo per sacchetti in polietilene”.Sono gli anni Cinquanta. E quello è il lampo di genio che segna il rilancio dell’azienda in un settore in piena espansione. “Anche se la produzione era in uno scantinato in via Ausonio, in pieno centro a Milano, il successo fu immediato”, conferma Guglielmini. È così che Gandus Saldatrici, azienda associata ad A.P.I., l’Associazione delle Piccole e Medie Industrie, inizia rapidamente ad affermarsi sul mercato per la capacità di innovazione, oltre che per l’affidabilità e la qualità elevata delle proprie macchine. Oggi è punto di riferimento a livello italiano e internazionale nel settore del confezionamento, con clienti importanti in tutto il mondo, tra cui alcuni dei più noti marchi alimentari e farmaceutici.“Abbiamo tre divisioni specializzate, dedicate al confezionamento in sacchi e tubetti, al confezionamento di dispositivi medicali sterili e di prodotti farmaceutici”, spiega Guglielmini, la cui azienda opera anche in un settore ad altissima specializzazione, come quello per il confezionamento di ferri chirurgici sterili all’interno del mondo ospedaliero, dove il confine tra packaging e sterilizzazione è decisamente sfumato. Dal 2007, inoltre, grazie all’acquisizione di Bustaplast Flexible Packaging, la capacità di rispondere anche alle esigenze più particolari dei clienti si è ulteriormente affinata. Non solo. “Un’altra peculiarità delle nostre macchine è l’altissima cura del design e dell’ergonomia, grazie alle quali gli spazi necessari per la loro installazione sono ridotti al minimo”, sottolinea l’amministratore delegato di Gandus Saldatrici, che esporta circa il 45% della produzione.I mercati principali sono quello europeo e quello mediorientale. Ma le macchine Made in Cornaredo sono presenti in tutto il mondo. Dagli Stati Uniti al Giappone, dal Brasile all’Australia, dall’Uruguay alla Colombia. Il tutto con un’azienda che “resta una Pmi famigliare con 35 dipendenti. Una dimensione che consente una flessibilità estrema e che ci consente di rispondere nel migliore dei modi alle esigenze dei clienti”, conclude l’amministratore delegato.
Libero, 30 maggio 2020