Dopo Unieuro e Eataly, una biografia e una nuova scommessa: a Torino il primo centro commerciale di prodotti ecosostenibili. “Perché la vera sfida per salvare il mondo è green”.
Never quiet, mai tranquillo. Così si intitola la biografia di quasi 600 pagine (autorizzata malvolentieri, ma sarà vero?), di Oscar Farinetti, il più geniale imprenditore italiano. Uno che, dopo avere venduto la catena Unieuro, avere fondato Eataly e averne aperti una quarantina in 17 Paesi nel mondo, mica si accontenta e già s’è buttato a capofitto in una nuova sfida green.
Farinetti, la anticipiamo. Ci tiene a sottolineare che a scrivere la sua storia è stata la scimmietta che da 67 anni vive sulla sua spalla…
“Certo, è lei che scrive, io amo leggere. È lei quella inquieta, io tutto sommato sono pigro. Ma tutti siamo il nostro doppio. Diciamo che sono felicemente inquieto. Sereno, ma mai tranquillo. E va bene così. Anzi, quando sono in ansia ci godo. Perché lei, la scimmietta che stamattina mi ha fatto alzare alle 5 per prendere un treno quando me ne sarei stato a letto fino alle 9, mi mette la carica, mi spinge a fare. E così sono sempre in movimento: sempre nuove sfide, nuovi traguardi. Qualche volta cado anche, ma poi mi rialzo”.
Da imprenditore geniale, ci dica: qual è il suo segreto? O vogliamo parlare di ricetta, visto che di food se ne intende?
“Servono passione, creatività e tenacia. Tenacia a lunga distanza: mai mollare, anche quando gli affari non vanno bene. E poi coraggio, tanto. E lealtà. Mai dire bugie. E poi, ripeto, un po’ di inquietudine fa bene. Quando nel 2002 ho venduto Unieuro, fondata da mio padre Paolo nella nostra Alba (a proposito, è lui che mi ha battezzato Natale ma poi mi ha sempre chiamato Oscar, come un suo amico partigiano), alla catena inglese Dixons rimasi colpito quando l’acquirente, padrone di un vero colosso dell’elettronica, mi confessò di vivere nel panico per la paura di non riuscire a incassare abbastanza a fine mese o per i magazzini troppo pieni. È questa l’ansia che spinge un imprenditore, anche di successo, a non dormire mai sugli allori”.
Lei ha imparato la lezione. Tutto quello che ha toccato si è trasformato in oro. O meglio, quasi tutto.
“Ho fatto i miei errori. A volte sono impulsivo, colpa della scimmietta. Nel libro ne parlo apertamente. Non tutti i miei progetti hanno sfondato subito, alcuni punti vendita Eataly non sono andati bene. A Tokyo è stato un tonfo, ma ora siamo ripartiti. Oddio, altri hanno avuto un grande successo. Penso a quello di Londra o a quello aperto sulla Quinta Strada a New York, grazie all’aiuto del mio amico Joe Bastianich. C’è tutto nel libro. L’ultimo anno, comunque, è stato un massacro per colpa della pandemia”.
Già, come ripartire dopo questa batosta?
“Mai arrendersi. E mai lamentarsi, come invece fanno tutti in Italia. Quando perdi il 30% del fatturato causa chiusure per il Covid come è capitato a noi, certo non c’è da stare allegri. Ero preoccupato, soprattutto per Nicola, il mio figlio di mezzo, il meno quieto dei tre. Ha da poco preso il comando di Eataly e gli ho dedicato il libro come un caloroso in bocca al lupo”.
Nel frattempo, lei non è rimasto a guardare e si è lanciato a capofitto nella nuova sfida green.
“A Torino ha finalmente riaperto da alcuni mesi, dopo un primo stop causato dalla pandemia, Green Pea, l’ultima idea di famiglia, nata dal mio figlio più grande Francesco. È il primo centro commerciale al mondo dedicato a beni e prodotti ecosostenibili. Dieci anni di lavoro e l’abbiamo chiamato così: pisello verde, tondo come il mondo. Un edificio di cinque piani, dove si compra tutto in armonia con acqua, terra, aria. Il primo livello è dedicato ai veicoli elettrici, le vendite da maggio stanno andando molto bene. Poi salendo telefonini ricondizionati, mobili etici, abbigliamento con cotone bio, Ogm free, lana di animali allevati nella natura. E su, più in alto, non potevano mancare le mie passioni: il food e uno spazio immenso dedicato ai libri. Ah, ovviamente dopo quattro livelli di negozi il tetto è dedicato all’ozio, con tanto di Spa e piscina”.
From duty to beauty. Roba un po’ da ricchi, no?
“Salvare il pianeta è un dovere di tutti. Gli scienziati ci dicono che tra vent’anni sarà troppo tardi. L’economia ecosostenibile è l’unica strada. Tengo anche molto alla cultura, libri e spazi museali fanno parte del bello di Green Pea. In Italia si legge troppo poco. Tra l’altro in “Never quiet” la scimmietta addirittura dà consigli di lettura. Una cinquantina di titoli, da Guerra e Pace a Stil Novo di Matteo Renzi”.
A proposito di Renzi, ora in che rapporti siete?
“Buoni, mai litigato veramente. Semplicemente gli avevo detto apertamente che per me lasciare il Pd era stato un suo grosso errore. Piuttosto, in generale è il modo di oggi di fare politica che mi ha deluso”.
In che senso? Addirittura nel libro scherza dicendo che vorrebbe fondare un suo partito.
“Una provocazione! Certo, fosse per me farei votare una volta ogni cinque anni per tutte le istituzioni. E abolirei la propaganda perenne che imperversa e che impedisce la risoluzione dei problemi veri. Sono nemico anche del sovranismo: la bellezza italiana noi dobbiamo esportarla, è la nostra più grande risorsa. Comunque, resto un imprenditore, anzi come dico io, un mercante. Mi sembra di avere già troppo da fare, o no?”.
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