Il marchio lecchese Kong, nato da un’impresa famigliare con quasi due secoli di storia, è riferimento a livello mondiale per il mondo dell’alpinismo e della sicurezza sul lavoro.
I loro moschettoni assicurano tutti i giorni la vita di milioni di appassionati di sport, lavoratori e soccorritori in ogni angolo del pianeta. Per chiunque frequenti l’alta montagna o svolga un’attività per cui è necessaria un’imbragatura, dal soccorso feriti in situazioni di emergenza al lavoro in quota in edilizia o arboricoltura, Kong è, infatti, un punto di riferimento assoluto in Italia e all’estero.
Quello che però molti degli estimatori di questo storico marchio di articoli tecnici – che, a dispetto del nome, è 100% italiano – non sanno, è che con il passare degli anni l’azienda ha ampliato sempre più la gamma dei propri prodotti. Oggi nel suo catalogo ci sono oltre 3 mila articoli diversi: carrucole, barelle per soccorso in ambienti estremi come l’alta montagna o le gallerie sotterranee, piccozze, accessori per la nautica e molto altro.
Quasi due secoli di storia alle spalle
Per capire l’unicità di questa azienda, che da sempre produce nel lecchese (nel comune di Monte Marenzo), bisogna però fare un salto indietro fino al 1830. In quell’anno la famiglia Bonaiti aprì a Lecco la prima fucina per la lavorazione del ferro, a quei tempi già estratto dalle miniere sui monti circostanti.
Da quel ferro le officine dell’epoca riuscivano ad arrivare alla produzione di chiodi, fibbie, catene, attrezzi agricoli e anelli per l’ambito agricolo. Fu così che nacquero anche i primi moschettoni utilizzati soprattutto per i cavalli.
“Poi, all’inizio del Novecento, i primi alpinisti cominciano a usarli per le attività di montagna, mentre il primo moschettone specifico per l’alpinismo nacque solo negli anni Quaranta, quando a Riccardo Cassin venne commissionata la realizzazione di un moschettone per le truppe alpine e lui progettò uno a D, non più ovale, che mio padre produsse e che era simile a quelli che utilizziamo oggi”, racconta Marco Bonaiti, presidente e fondatore di Kong.
La rivoluzione dell’alpinismo
La vera rivoluzione per il settore sarebbe però arrivata solo negli anni Cinquanta, quando le leghe leggere uscirono dall’utilizzo esclusivo nel campo aeronautico. Nacquero così i primi moschettoni in lega leggera per l’alpinismo estremo, con caratteristiche di resistenza analoghe a quelle degli “antenati” in ferro, ma incomparabilmente più leggeri: 65 grammi contro i 200 dei modelli precedenti.
Fu anche grazie al successo di questi articoli che nel 1977 nacque Kong. “Decidemmo di aprire una nuova società come scissione del ramo aziendale della Giuseppe & F.lli Bonaiti, dandole il nome Kong dal film King Kong, all’epoca molto in auge”, prosegue Marco Bonaiti. Vera anima dell’azienda, col suo genio ha messo a frutto l’esperienza in ambito alpinistico e velistico per inventare soluzioni inedite e rivoluzionarie.
La collaborazione con il Politecnico di Milano
È il caso, ad esempio, del sistema di chiusura Key Lock, che ha consentito di eliminare tutti i punti in cui la corda può impigliarsi. O anche del connettore Frog, sviluppato con il Politecnico di Milano per garantire ancoraggi facili e sicuri.
Ma le invenzioni firmate da Kong e diventate riferimento a livello mondiale non finiscono qui. L’azienda, che oggi ha circa 120 dipendenti tra la sede produttiva lecchese, dove si svolgono anche le attività di ricerca, sviluppo e test dei materiali, e le filiali commerciali negli Stati Uniti, in Cina, in Brasile e in Russia, ha infatti sviluppato l’unica barella al mondo per il soccorso in acqua. E, in tempi più recenti, ha realizzato un nuovo moschettone dotato di microchip Nfc, che registra tutti i dati dell’articolo e dialoga con lo smartphone.
Moschettoni Kong: rigorosamente Made in Italy
Anche se il suo prodotto simbolo resta il moschettone, del quale vengono “sfornati” circa 800 mila pezzi all’anno, oggi il mondo della montagna rappresenta “solo” il 20% in termini di fatturato. Il resto è fatto di soccorso e sicurezza, industria, parchi avventura, nautica e speleologia.
“Abbiamo una quota di export tra il 75 e l’80% e il nostro primo mercato sono gli Stati Uniti” spiega Bonaiti, annunciando un futuro nel quale “la tecnologia e i microchip entreranno anche nei caschi, nelle imbragature di sicurezza e nelle corde”. Quasi 200 anni di storia, ma una voglia di esplorare e sviluppare nuove idee degna di una startup.