
Le loro scarpe sono ai piedi di star mondiali. Dai rapper Puff Daddy e 50 Cent, al leggendario ex campione di basket Nba Shaquille O’Neal. Tra i loro clienti affezionati compaiono emiri arabi e personaggi politici di primissimo piano dell’Azerbaijan.
Eppure, chi in Italia volesse acquistare un paio di sneakers o di taglio più classico prodotte da questa azienda farebbe enorme fatica a trovarlo. Perché il mercato di Mauri, azienda famigliare artigiana con sede a Paina di Giussano, nel cuore della Brianza monzese, giunta alla terza generazione sotto la guida dell’amministratore Gianluigi Mauri, è pressoché tutto all’estero.

“In Italia abbiamo un solo negozio che tiene le nostre, scarpe, e si trova a Roma”, spiega Mauri. “Tra l’altro le tiene più che altro per la clientela straniera, che magari approfitta per fare shopping o per farsi fare un paio su misura mentre si trova nella capitale per turismo”.
Per il resto, l’azienda fondata nel 1953 dal papà e dagli zii dell’attuale amministratore, è un raro esempio di impresa votata esclusivamente all’export. Al punto che i clienti italiani che calzano le sue scarpe o portano le sue cinture si potrebbero forse contare sulla dita di una mano. Tra loro, anche l’ex governatore lombardo Roberto Formigoni.
“La nostra è una clientela molto particolare, che apprezza i materiali con cui lavoriamo e il tipo di prodotto che ci caratterizza”, sottolinea Mauri. “Noi utilizziamo esclusivamente materiali di pregio quali lo struzzo, l’alligatore, il caimano, la lucertola, il pitone e lo squalo, e un 30% della nostra produzione (che complessivamente raggiunge quota 15 mila paia) è fatta su misura. I nostri clienti sono arabi, africani di Paesi dove la religione prevalente è quella musulmana, e afroamericani, mentre lavoriamo pochissimo con l’Europa, la Russia, la Cina o il Giappone”.
Una vocazione verso i mercati esteri nata quasi per caso, quando nel 1958 un importatore americano chiese all’azienda di iniziare a produrre scarpe e sandali con materiali di pregio e colorati, che rispondessero ai gusti di una nuova clientela afroamericana. Poi, dopo aver lavorato pressoché esclusivamente per il mercato statunitense per più di un decennio, “negli anni Settanta, quando anch’io entrai in azienda”, ricorda Mauri, che oggi (l’articolo è del 26 maggio 2018, Ndr) ha 68 anni, “cominciammo a cercare di aprirci ad altri mercati, trovando spazio in quelli arabi, dove c’è una vera passione per le scarpe in struzzo, e in quelli africani, dove amano i colori”.

Qui l’azienda brianzola è progressivamente riuscita ad affermarsi come marchio del lusso. In negozio un paio di scarpe firmate Mauri ha infatti un costo che, a seconda dei modelli e dei materiali utilizzati, varia da un minimo di 450 euro a un massimo di 3 mila euro. “Per tanti negozi, soprattutto negli Stati Uniti, dove abbiamo 140 rivenditori, avere un corner con le nostre scarpe rappresenta un forte segno distintivo”, ammette Mauri.
Oltre agli Stati Uniti, che assorbono circa il 50% della produzione, oggi l’azienda è presente, spesso con rivenditori esclusivi, negli Emirati Arabi e nei Paesi limitrofi, e in una serie di Paesi dell’africa nera subsahariana: Congo, Camerun, Nigeria, Ghana e Gambia, oltre che in Sudafrica.
“Fondamentalmente lavoriamo nei Paesi in cui c’è il petrolio e in cui c’è un gusto di un certo tipo” spiega l’amministratore dell’azienda. La conseguenza è che l’andamento delle vendite e del fatturato, che lo scorso anno ha superato quota 1,5 milioni di euro, è direttamente collegato a quello delle quotazioni del petrolio.

Più che dalla crisi economica globale, i periodi di flessione che sono stati registrati nella produzione nell’ultimo decennio sono quindi stati dettati dal crollo del greggio. “Con il barile a 26 dollari i Paesi arabi hanno praticamente smesso di spendere, per cui nel 2016 e nella prima fase del 2017 abbiamo registrato un calo delle richieste”, ammette Mauri. “Adesso che il petrolio è tornato su quotazioni decisamente più alte, invece, le richieste non smettono di arrivare”.
Non male per un’impresa artigiana che nella sede di Paina di Giussano, cuore commerciale e showroom, occupa 15 persone. E che per la produzione fornisce le proprie pelli a una rete di artigiani di fiducia distribuiti tra Lombardia, Marche e Campania.
Libero, 26 maggio 2018