L’azienda milanese Resitape è leader nella produzione di nastri e monofilamenti in PTFE di altissima qualità, usati per isolare i cavi elettrici su aeroplani, sottomarini e auto
Prendi due atomi di carbonio e quattro di fluoro, uniscili e sottoponi il composto a una serie di processi industriali segreti che ne plasmano e modificano le caratteristiche. È così che nasce la pozione magica che dà vita al PTFE (politetrafluoroetilene) un prodotto che sotto forma di nastri e monofilamenti è utilizzato per tantissime applicazioni, dall’isolamento dei cavi elettrici sugli aeroplani, sottomarini, auto e tante altre applicazioni, fino al filo interdentale, e per il quale l’azienda milanese Resitape è tra i leader a livello mondiale.
Grazie a caratteristiche uniche, come la resistenza alle alte temperature, alla gran parte degli agenti chimici e all’acqua, il PTFE si è affermato come materiale indispensabile e insostituibile in moltissimi campi, e trova applicazione in ambito industriale, sanitario, aerospaziale, delle costruzioni, degli elettrodomestici e molto di più. E a contribuire alla sua diffusione è stata anche proprio Resitape, una azienda italiana storica in forte crescita, capace di imporsi sui mercati internazionali e i cui nastri e filamenti in PTFE hanno proprietà tecniche così evolute che la concorrenza – anche quella più agguerrita – spesso non riesce a riprodurle.
La formula magica del PTFE
“L’azienda è nata nel 1962 come realtà che produceva macchinari per il PTFE, quindi abbiamo anche macchinari sviluppati internamente e un know-how unico che si fonda proprio sulla nostra storia”, spiega Matteo Panizza, amministratore delegato di Resitape. “Io, in realtà, sono stato chiamato a guidare quella che fino a qualche anno fa era un’azienda famigliare in una fase nella quale, grazie all’acquisizione della maggioranza delle quote da parte di Ethical Global Investments, un fondo che investe in nicchie di mercato con alto potenziale di crescita, si è deciso di fare il salto ad azienda managerializzata”.
Un’operazione perfezionata tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, proprio appena prima che la pandemia da Covid 19 cominciava a diffondersi dalla Cina al resto del pianeta. “Il denominatore comune della nostra attività è la materia prima, cioè il PTFE che, attraverso processi industriali molto complessi, ma tutti internalizzati per garantirne il completo controllo, consente di arrivare a prodotti eterogenei come i nastri che rivestono i cavi elettrici negli aerei, che contengono circa 200 chilometri di cavi elettrici ognuno e che necessitano di un rivestimento resistente, o come il filo interdentale che viene venduto in farmacia e al supermercato”, prosegue Panizza. “Ogni prodotto, chiaramente, ha una linea di produzione a sé”.
Oltre l’80% della produzione va all’estero
Quanto alle caratteristiche che fanno dell’azienda meneghina, il cui quartier generale e produzione si sono da poco trasferiti a Gessate, comune a Est di Milano, in una sede molto più grande di quella precedente per rispondere alle necessità dettate dalla crescita costante delle attività, sono essenzialmente due. Da un lato “il fatto di essere così diversificati all’interno di un denominatore unico ci consente di essere resilienti nei momenti di swing del mercato, per cui anche durante il Covid abbiamo continuato a lavorare senza mai un giorno di cassa integrazione”, sottolinea l’amministratore delegato. Dall’altro, “abbiamo un know-how di prodotti e di processi legati al fattore umano, che nell’evoluzione da azienda famigliare/imprenditoriale ad azienda managerializzata è stato valorizzato grazie agli aspetti positivi che derivano da queste due dimensioni”.
D’altra parte, a confermare il successo di questa ricetta, che Panizza stesso non esita a definire “una pozione magica che ci consente di competere in un mercato internazionale nel quale noi siamo un riferimento per i nastri omologati e per quelli con le caratteristiche tecniche più complesse”, sono anche le cifre. Oltre al numero dei dipendenti, aumentato di circa il 30% negli ultimi quattro anni fino ad arrivare a una sessantina, e al fatturato, cresciuto dai circa 7 milioni di euro del 2019 ai circa 10 milioni del 2022, c’è una quota di export superiore all’80%.
I prodotti dell’azienda meneghina, che è associata ad A.P.I., l’Associazione Piccole e Medie Industrie, sono rigorosamente sviluppati e realizzati nella sede di Gessate e sono richiesti in ogni angolo del pianeta. Dal Nord America all’Australia, dal Medio Oriente alla Cina. “Il nostro è un Made in Italy che risponde a specifiche tecniche molto restrittive, che rendono il processo produttivo molto sfidante e che ci porta a essere richiesti per applicazioni di nicchia in tutto il mondo”, conclude Panizza.