Intervista Geniale a Maurizio Nichetti, il più visionario dei registi italiani. Il suo Ratataplan ha poco più di 40 anni ed è ancora attualissimo. Ma il mondo del cinema è cambiato, e non solo a causa dello stop imposto dalla pandemia. Dopo il punto di vista di Pupi Avati, oggi Notizie Geniali raccoglie quello di Nichetti, regista tra i più surreali e innovativi che spiega e racconta come uscire dalla crisi della cultura.
Come vede questa non facile situazione?
“Purtroppo la stiamo vedendo tutti attraverso le offerte in streaming delle varie piattaforme della tv on demand… Definizioni e frasi che solo dieci anni fa non avremmo neppure capito”.
Da anni lei si occupa di didattica cinematografica al Centro Sperimentale e allo Iulm. Che consigli e insegnamenti dà ai suoi giovani studenti che affrontano questo mestiere? Quanto pesano (o aiutano) i nuovi scenari tecnologici?
“Chi insegna ha il dovere di trasmettere sempre entusiasmo e ottimismo. Guai rimpiangere un passato che i giovani non incontreranno mai. Oggi una tecnologia di ripresa, miniaturizzata, fatta di GoPro e droni, ha reso possibile a tutti fare riprese rocambolesche o aeree con attrezzature che stanno nel palmo di una mano. Grandi opportunità e grandissima concorrenza. Come sempre vinceranno le idee… non le riprese con il cellulare”.
Il dibattito sui nuovi modi di “vedere” il cinema è aperto. Pensa anche lei che la funzione culturale delle sale cinematografiche sia insostituibile?
“La sala cinematografica sarà sempre insostituibile per chi ci è cresciuto, ci ha sognato, si è innamorato… Più difficile immaginarla come un bisogno indispensabile per la generazione dei Tik Tok”.
La formazione culturale resta imprescindibile. Eppure cinema e cultura, tra chiusure e ristori, da quasi un anno sono quasi relegati a settori di serie B. Com’è potuto accadere? E quanto gli italiani, e i giovani soprattutto, sconteranno questa dimenticanza?
“In effetti si sente parlare di tutto tranne che di spettacolo, come se fosse un lusso superfluo. Più superfluo di una discesa con gli sci o di uno shopping al Black Friday… Pazzesco. Ma teatro, concerti, eventi live, torneranno con forza. Per quanto riguarda i film bisognerà vedere quanti sapranno abbandonare la serialità on demand e sapranno ancora affrontare uno spettacolo cinematografico in una sala affollata. L’offerta di audiovisivo in sala, indipendentemente dalla pandemia, aveva già iniziato una sua evoluzione naturale”.
Il 2020 ha contribuito alla disaffezione, non trova?
“Tutto quello che è successo nel 2020 ha solo accelerato il processo di trasformazione. Non si tratta solo di dove vedere un film, ma di quali formati e di quali modalità narrative parliamo. Influenzate dalla tecnologia, si sono allargate le zone di interattività, le possibilità di scelta e di gioco che poco hanno a che fare con i capolavori cinematografici del maestri del Novecento, il secolo scorso”.
La sua straordinaria carriera è stata ripercorsa nel libro “Maurizio Nichetti, parola di mimo”. Un omaggio al suo tocco d’artista. Ma c’è ancora spazio per gli artisti visionari?
“Gli artisti visionari sapranno sempre trovare stimoli nuovi dopo ogni rivoluzione. Chi rimpiange modelli narrativi già visti e già realizzati non è un artista né un visionario”.
L’abbiamo vista tra gli interpreti di “Arrivano i prof”. Ma al “fare cinema” non ha voglia di tornare? Non pensa di mancare ai suoi fan?
“Forse un po’ sì. Me lo confermano le tante persone che mi manifestano ogni giorno la loro simpatia. Mai dire mai. Prima o poi ci torno di sicuro… A me mancano i produttori che amavano il cinema, che sapevano innamorarsi di un progetto, che accettavano di buttarsi in un’avventura. Oggi tutti sono impegnati a contare le puntate di una “stagione” da piattaforma e sono anche più contenti se ad ogni puntata possono cambiare il regista”.