Mangiare non è solo nutrirsi. Andare a cena non è solo un atto gastronomico. E nemmeno un misero incontro tra domanda (fame) e offerta (abbondanza di cibo). Recarsi in certi luoghi del gusto si avvicina ad un’esperienza di alta cultura materiale, di storia, di sociologia, di relazione umana, di stimolazione psicologica e sensoriale.
Gusto e olfatto, ma anche vista, udito e tatto possono essere, in persone predisposte, così sollecitate da generare quasi una sindrome di Stendhal: dinnanzi a certe opere d’arte alimentari si può cadere in uno stato misto tra quello fantozziano durante la coppa Kobram e l’estasi di santa Teresa. Certi luoghi, persone e storie legate al cibo, sono doni divini.
Il maso Alfarëi è uno di questi, non ne capitano molti nella vita, ma quando accade, altro che farfalle nello stomaco! Siamo in piena Ladinia, quella etnonazione presente in val Badia, Fassa, Gardena, Livinallongo e Cortina, dentro l’altra nazione sudtirolese, dentro l’Italia e l’Europa. Una matrioska umana praticamente.
L’insediamento dove è presente il maso è uno dei più vecchi dell’Alta Badia. L’Alfarëi, di epoca tardo romanica, ha uno stile architettonico medievale: in pratica è la più antica tipologia abitativa tuttora esistente in val Badia, con la caratteristica parte inferiore in muratura e la parte superiore in legno, con finestre minuscole e un ampio balcone rivolto verso valle.
Cenare qui è già un’esperienza praticamente unica. Ma poi si aggiunge anche una cucina ipertradizionale ma non stantia, confezionata con cuore e passione, un’accoglienza timida e familiare, docile e gentile. Si entra non in un locale, non in un ristorante, ma in un mondo antico che tuttora è tenuto vivo dalla forza, dalla tenacia e da un sentimento di comunità che va oltre l’immaginabile.
Sembrerà un’eresia, ma il menù che viene servito potrebbe quasi passare in secondo piano. Ma in realtà non è nemmeno così. E, anche questo davvero degno di nota. Nella piccola stube si parte con la caratteristica zuppa d’orzo accompagnata da tultres, dischi fritti e ripieni di spinaci o di crauti, che anche da soli meriterebbero il viaggio.
Poi le paste ripiene: sono chiamate cajincì, sono ravioloni piatti a forma di mezzaluna, sono arricchiti con farina di segale e farciti con ricotta, spinaci e cipolla. Non possono poi mancare gli gnocchetti verdi tirolesi e nemmeno il gulasch (senza patate nè paprica) con canederlo e polentina in accompagnamento.
Si chiude col botto con le furtaies, note nelle zone germanofone col nome di strauben, dolci fritti a forma di lunga striscia modellata come un disco, che le famiglie preparavano in occasione del fidanzamento ufficiale delle figlie. I tempi delle richieste della mano sono passati, ma senza dubbio uno strauben valeva bene un matrimonio.
Maso Alfarëi Hof località Alfarëi - Badia (BZ) Telefono: 339 469 2454