Prodotto da mucche di razza Guernsey allevate rigorosamente al pascolo, ha delle caratteristiche uniche ed è richiestissimo da chef stellati e appassionati di cibi gourmet.
Il loro latte e la loro carne sono ricercatissimi dagli chef stellati, dagli appassionati di cibi gourmet e da chi vuole prodotti frutto di un modello di allevamento più sostenibile. Dai tristellati Norbert Niederkofler, che nei mesi scorsi ha aperto il suo nuovo ristorante milanese Horto, e Giovanni Santini del ristorante Dal Pescatore a Canneto sull’Olio (Mantova), ad Alessandro Negrini del Luogo di Aimo e Nadia, fino a Giuseppe Zen, che ha elevato a un’inedita nobiltà il cibo di strada, l’allevamento etico dell’azienda agricola lodigiana Salvaderi ha infatti conquistato davvero tutti.
Ma se oggi grandi chef e amanti della buona cucina si prenotano con settimane di anticipo per assicurarsi i tagli dell’unica vacca che l’azienda di Maleo (Lodi) macella una volta al mese, come si faceva una volta, solo una manciata di anni fa la scelta visionaria di puntare su un allevamento con poche bestie, di razze rare e tenute esclusivamente al pascolo, era stata giudicata dai più ai limiti della follia.
Un latte con caratteristiche uniche
“Noi siamo la terza generazione nell’azienda agricola di famiglia, che fino ai primi anni Duemila si fondava su un un classico allevamento intensivo con 200 mucche di razza Holstein (le tipiche vacche bianche e nere) e una distesa di campi coltivati a mais, erba medica e altro. Quando, dopo aver provato per alcuni anni a proseguire lungo la linea tracciata da chi ci aveva preceduto, abbiamo deciso di ribaltare il concetto di agricoltura e ripartire con pochi capi, puntando tutto sulla qualità e naturalità del prodotto e scommettendo sull’idea che anche il latte potesse diventare un prodotto ad alto valore aggiunto, come sono il vino o il pane, in famiglia ci hanno presi per matti”, racconta Simone Salvaderi, che conduce questa piccola realtà insieme alla moglie Damayanthie Barbieri.
“Noi avevamo bambini piccoli e volevamo produrre qualcosa per i nostri figli. Così siamo quindi andati a individuare tutte le caratteristiche che volevamo mettere nel bicchiere: un latte che facesse bene, che mantenesse tutte le sue caratteristiche organolettiche e che venisse prodotto da animali allevati al pascolo e senza sostanze chimiche”, racconta Damayanthie. Per farlo sono partiti dalla fase di ricerca, che ha portato Simone a girare il Nord Europa e a visitare diverse aziende.
Le mucche? Di razza Guernsey e allevate al pascolo
“Dopo i primi approfondimenti ho deciso di andare alla ricerca di una razza che fosse portatrice della variante A2 della Beta-caseina, che poi è la variante con cui le mucche producevano il latte in origine, ma che è progressivamente scomparsa perché gli animali appartenenti a queste razze sono meno produttivi”, racconta Simone. “Così ho scoperto la razza Guernsey, che deriva da bovini di origini Normanne introdotti nell’isola di Guernsey (nel canale della Manica) e che oggi si trova solo in minima parte, tanto che noi siamo l’allevamento più a Sud che ci sia in Europa”.
Queste vacche, allevate al pascolo e secondo i dettami dell’agricoltura biologica, producono circa la metà del latte di un animale in regime intensivo, vivono circa il doppio del tempo e producono un latte di colore giallognolo (per il contenuto di betacarotene, Ndr) e di sapore unico, che peraltro si modifica nell’arco delle stagioni.“Se oggi il nostro latte viene riconosciuto come il migliore in Italia ed è così richiesto che lo vendiamo tutto, quando, nel 2015, abbiamo cominciato a produrlo e a proporlo a un prezzo nettamente più alto di quello che veniva praticato dagli altri allevatori è stato accolto con fortissimo scetticismo”, ricorda Damayanthie, che si occupa del marketing aziendale.
Il latte e la pausa produttiva da Santa Lucia a metà gennaio
Il coraggio di tenere duro e di non rinunciare alla propria filosofia, però, alla fine ha pagato. E, grazie ai primi clienti “che ci hanno dato fiducia, la gelateria Bandirali di Crema e Giuseppe Zen, alla fine abbiamo scollinato”.
Oggi nessuno si scandalizza di acquistare il latte o la carne al doppio di quanto pagherebbero per prodotti da allevamenti intensivi, né di scoprire che da Santa Lucia a metà gennaio il latte non è disponibile per rispettare il ritmo fisiologico della fase riproduttiva delle vacche. Non male per quella che resta una piccola realtà con una trentina di vacche da latte, il cui sogno ostinato ha dimostrato che l’idea che un allevamento etico possa far bene non solo agli animali, ma anche all’ambiente e ai consumatori non rappresentava un’utopia.