La domenica è tradizionalmente la giornata dedicata al riposo, almeno per molti. E cosa c’è di meglio di un buon libro? Inauguriamo oggi la nuova rubrica per le lettura geniali con Fabiana Scamardella, che parte con un’opera che porta ad osservarci dentro e anche un po’ a riesaminare il nostro passato.
Vi siete mai chiesti se la vita di un uomo si possa giudicare dal suo funerale? E se lo avete fatto forse un’immagine ha percorso la vostra schiena come un brivido: davanti a voi si è palesata la prospettiva di un funerale affollato quanto un concerto di Povia, inservienti inclusi.
Leggendo Cambiare l’acqua ai fiori scritto da Valérie Perrin portato in Italia da edizioni e/o, viene voglia di porsi diversamente verso questa proiezione nel futuro che accomuna il genere umano. E, mentre tenterete la strada della redenzione per essere persone migliori divorerete questo best seller, capace di incrementare il carisma del ramo funerario almeno quanto le campagne pubblicitarie di Taffo.
Leggere e innamorarsi di chi vive in un cimitero
Siamo in una piccola città della Borgogna, dove Violette Toussaint (cognome che, per ironia della sorte indica il giorno dei morti), custodisce il cimitero cittadino.
Si occupa della pulizia delle tombe, dei fiori, dell’orticello attiguo al campo santo e di sostenere, talvolta, le persone che si rifugiano nella sua cucina dopo aver affrontato importanti perdite. Non è finita qui.
Tra gli elementi che fanno innamorare della protagonista c’è la sua abitudine precisa e puntuale a conservare registri in cui annota minuziosamente il numero di presenti, i fiori, il tipo di bara e l’elogio funebre che viene dedicato al defunto.
Elogi funebri che commuovono, e incuriosiscono
Tra le varie descrizioni tratte dal registro di Violette ne esiste qualcuna davvero particolare. È il caso dell’elogio dedicato a Marcel Gambini (cap. 46, pagina 204), un celebre giostraio.
Il suo è un rito funebre caratterizzato da 300 persone, dalla musica e dalle parole di una nipote, la quale esordisce con: “Al nonno piacevano lo zucchero filato, il caramello delle mele candite, il profumo di crêpes e cialde… Avrà per sempre il sorriso del bambino che ha vinto il pesce rosso e lo tiene in mano in un sacchetto d’acqua.”
Notevole anche la conclusione: “Non ti chiedo di riposare in pace, nonno, perché sei incapace di riposare. Ti dico solo: divertiti e a presto.”
Funerale o festa?
Un funerale celebrato come se fosse una festa, che ha suscitato nella protagonista una riflessione: “Non so se si può giudicare la vita di un uomo dalla bellezza del suo funerale, ma quello di Marcel Gambini è uno dei più belli ai quali abbia mai assistito”.
Tuttavia, le scuole di pensiero sono tante e si susseguono nel passaggio dalla cucina di Violette come se fosse una sorta di “terza dimensione” tra il cimitero e il ritorno alla vita, che deve comunque fare il suo corso anche dopo la perdita e l’addio a persone che hanno giocato ruoli importanti nelle nostre esistenze. “Ogni tomba è una pattumiera. Si sotterrano i resti, le anime sono altrove”.
Oltre al funerale c’è di più
A onor del vero, non si parla solo di questo nel romanzo. C’è molto di più; c’è il percorso di Violette, fatto di perdite e adattamento alle sfide della vita; c’è il genere umano proposto nella sua più intima e vulnerabile fase di emotività.
Poi il tema della perdita, ma anche del ricongiungimento delle anime, dell’abbattere ogni tipo di barriera, anche quella dello spazio temporale, della vita e della morte per sentire accanto a sé l’amore di qualcuno che se n’è andato troppo in fretta.
C’è il mistero di un evento che coinvolge tragicamente Violette, ma che allo stesso tempo la riporta alla vita tramite un percorso lastricato di persone crudeli e di persone con una grande anima, che avendo a loro volta sofferto la guidano verso la ricostruzione.
Piccole frasi come fil rouge e il passato di ognuno di noi che in fondo emerge
Il lettore seguirà un fil rouge segnato da piccole frasi poste all’inizio di ogni capitolo, in cui l’autrice sembra volerci dare un messaggio che verrà svelato solo alla fine. Ogni frase è tratta da epitaffi o da canzoni che fanno parte della tradizione musicale francese e che vengono spesso ascoltate in Francia proprio in occasione di funerali.
Ultimo ma non meno importante, in Violette i visitatori ripongono una fiducia tale da aprire le porte del proprio passato, dei veri amori, dei conflitti.
In tutto questo potrebbe sorgere spontaneo il dubbio su un’eventuale tradizione dei francesi, più meno consapevole, di infrangere con proverbiale nonchalance i voti matrimoniali per avere un amante.
No, non c’è niente di cui scandalizzarsi, ma in tal caso qualcuno potrebbe voler rivedere la propria posizione su un eventuale trasferimento nella terra che ha dato i natali ad Alain Delon, Jean Paul Belmondo, Vincent Cassel ecc.
Un patrimonio in cui rifuguarsi
Concludendo, Valérie Perrin con Cambiare l’acqua ai fiori ha creato un piccolo patrimonio in cui rifugiarsi. Come sotto una coperta, in cui ci si sente in empatia con i protagonisti e il loro vagabondare errante.
Ma l’autrice ha aperto anche un varco verso una luce che si chiama cambiamento. Un cambiamento dettato dal lutto, ma non necessariamente negativo e in perdita, perché la consapevolezza non solo ci arricchisce, ma quando diventa radice si trasforma in una boa che ci può salvare in mezzo al mare.