A Glasgow si decide del destino ambientale della Terra. La COP26 dovrebbe sancire il rientro degli Stati Uniti nella compagine degli oltre 140 Paesi. Sono quelli che hanno sottoscritto l’accordo di Parigi. Così potranno dare la spinta all’azione internazionale per la “salvezza” del Pianeta.
I ragazzi hanno già capito e fatto proprio un principio fondamentale: i cambiamenti partono dal basso, dalla collettività, ma anche dal comportamento dei singoli. Dal 28 al 30 ottobre Milano li ha ospitati durante lo Youth Cop26.
E’ un evento che vede riuniti giovani da tutto il mondo. Parlano di cambiamenti climatici e di salvezza del Pianeta. Insieme ragionano per offrire poi una serie di proposte al Cop26 che si riunisce a Glasgow dal prossimo 1 novembre.
E questa volta ci saranno anche gli Usa. Dopo i quattro anni di Trump, ora è il momento di Joe Biden, ambientalista convinto. Ora manca solo la Cina.
Il “Bla bla bla” di Greta Thumbrg
A Milano si è discusso e dibattuto per due giorni sul futuro del nostro Pianeta. Tra i protagonisti anche Greta Thumberg, la paladina dell’ambiente. Con il suo discorso “Bla, bla bla” questa volta non ha veramente sfondato. Forse è la prima volta nella storia degli ultimi decenni in cui i Paesi stanno realmente capendo e affrontando la questione del cambiamento climatico.
L’ambiente, l’unico ideale oggi capace di riunire i giovane
I temi dell’ambiente oggi sono forse l’unico tema che riesce a radunare i giovani sotto uno stesso ideale. Il movimento Friday for Future ne è un esempio, l’unico che riesce a portare in piazza centinaia di ragazzi in tutto il mondo.
E le richieste sono concrete: incrementate con urgenza le risorse finanziarie, amministrative e logistiche per promuovere il loro impegno alla guida dei piani per fronteggiare i cambiamenti climatici, chiedendo ai paesi, alle organizzazioni internazionali e alle istituzioni finanziarie pubbliche e private di dedicare urgentemente, e rendere facilmente accessibili, i fondi necessari.
Per riuscire ci vuole una partecipazione diffusa
Senza partecipazione diffusa sarà difficile che ogni possibile intervento possa manifestare tutta la propria efficacia.
“I ragazzi hanno evidenziato un fattore fondamentale – commenta Claudio Parrinello, fondatore e CEO di PlanetWatch e già manager del CERN di Ginevra – non c’è cambiamento senza un processo di coinvolgimento diffuso delle comunità, senza che ognuno si senta personalmente ingaggiato in questa sfida”.
Parrinello, con la sua società, sta avanzando a grandi passi nel progetto di creare la più grande rete pubblica internazionale di monitoraggio della qualità dell’aria, sia in ambienti chiusi sia aperti non ha dubbi.
“Abbiamo constatato sulla nostra pelle, nel corso della recente emergenza sanitaria, quanto ogni riflesso delle nostre azioni si ripercuota inevitabilmente sul resto della collettività, e come ogni azione debba essere parte di un piano complessivo di interventi”.
I Paesi devono adottare le stesse politiche
“Non possiamo pensare che una parte del mondo proceda verso decisioni e prese di posizione nette rispetto ai cambiamenti climatici e che un’altra parte rimanga ancorata a vecchi e inefficienti paradigmi produttivi che fanno capo a fonti energetiche che producono emissioni climalteranti”.
Le conseguenze negative dei cambiamenti climatici hanno impatti significativamente negativi anche sul sistema sociale ed economico, sia a livello locale sia a livello globale.
Ormai è chiaro: il clima interviene anche sulle economie dei Paesi
Infatti, i fenomeni atmosferici estremi possono minare la stabilità dei sistemi economici, sociali e politici anche in maniera più dirompente delle stesse crisi finanziarie.
Il cambiamento climatico incide inoltre, pesantemente sulle sperequazioni in tema di giustizia sociale e internazionale. La metà più povera della popolazione mondiale contribuisce infatti solo al 10% delle emissioni, mentre il 10% più ricco è responsabile del 50%.
La stessa proporzione si ripete nell’ambito degli stessi Paesi più ricchi, dove il 10% della popolazione più ricca contribuisce molto più del resto della popolazione alle emissioni di gas serra (Institute for Public Policy Research_2019).
I disastri ambientali costano troppo
Un altro dettaglio riguarda le ripercussioni economiche dei Paesi più esposti ai fenomeni atmosferici estremi che spesso sono quelli meno protetti dai servizi assicurativi. Il 99% dei danni economici causati dai disastri naturali nei Paesi più vulnerabili non ha una copertura assicurativa. Senza considerare le spese che i governi nazionali devono sostenere per riparare i danni degli eventi climatici straordinari.
“Occorre sostenere ogni sforzo che parte dal basso, non trascurare il grido d’allarme che giunge dai più giovani”
Parrinello: “Partire da un monitoraggio capillare dell’ambiente, analizzando ogni angolo della terra per capire a che punto siamo e accelerare nel porre dei rimedi”.
La tecnologia può aiutare a prendere decisioni corrette
Non sempre i decisori hanno sottomano dati dettagliati e con le loro decisioni possono causare più danni che rimedi.
“La nostra esperienza in questo senso è positiva, visto che PlanetWatch mette insieme dispositivi IoT, gestione dei big data, AI per l’analisi dei dati e blockchain: i dati generati da quattro tipi di sensori ambientali, indoor e outdoor, vengono scritti, convalidati e tracciati sulla blockchain Algorand, creando il primo registro pubblico e distribuito sulla qualità dell’aria”.
Il progetto si rivolge prevalentemente ai cittadini, ma anche ad aziende, associazioni, Comuni, invitando a diventare “PlanetWatcher” e contribuire al monitoraggio con l’acquisto e l’installazione di un sensore approvato. I flussi di dati dei sensori vengono ricompensati in token, da usare per ottenere prodotti o servizi.
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